ASPETTI PSICOLOGICI DEL CONSUMO MODERATO DI VINO

PERCHE’ SI BEVE VINO?

La maggioranza delle persone che bevono vino in quantità moderata è probabile che lo facciano per l’attesa,o ritorno, di reali o immaginati benefici psicosociali.E’ comune convincimento che il vino aumenti la socievolezza,faciliti i rapporti interpersonali e renda più accettabili le inevitabili contrarietà della vita.Gli studiosi hanno evidenziato 5 maggiori benefici che la ricerca può individuare in modo oggettivo:

– riduzione dello stress;
– aumento dell’espressione di emozioni positive;
– miglioramento delle capacità nello svolgimento di determinati compiti;
– riduzione di stati clinici di depressione;
– trattamento favorevole di problemi psicologici legati all’invecchiamento.

Tali studi hanno avuto una scarsa risonanza, mentre larga diffusione si è data ai problemi ed ai costi sociali dell’alcolismo. Tuttavia negli ultimi decenni si è formata una cultura che difende il bere moderato ed ha trovato spazio nei comportamenti accettati dalla società.Da un punto di vista antropologico il consumo di bevande alcoliche nelle società occidentali non solo rappresenta il segnale di transizione fra l’operosità produttiva ed il tempo dedicato alla distensione ma anche un indizio di appartenenza ad un certo gruppo sociale; a questo proposito gli studiosi indicano proprio i conoscitori di vino, i quali si sentono gratificati di appartenere ad una certa elite.                                                                                                                                 Le capacità di discriminazione e di analisi che comporta questo status, risultato di un percorso di addestramento e studio, sono di per se sentite come una distinzione sociale. Il consumo di vini,soprattutto di elevata qualità, contraddistingue poi il rituale di occasioni più o meno importanti della nostra vita.Il vino bevuto con moderazione è certamente un piacere: un tripudio a cui partecipano sia i nostri sensi che le emozioni.Il vino è il piacere di arricchirsi di una cultura millenaria, il piacere della buona compagnia e della buona tavola, chiama alla convivialità, ed è inoltre una bevanda dall’alto significato sociale tramandato dalla tradizione e dalla storia.

Benefici del consumo moderato di vino

Il vino non è solo piacere dei sensi.                                                                                                                             La scienza medica ci informa che il saggio consumo di vino può portare anche benefici alla salute.

Le virtù e le qualità salutari del vino erano note già in tempi antichi: non solo era base di bevande corroboranti, ma anche base per elisir alle erbe. Basta ricordare l’uso medico che si faceva in passato spesso prodotti con uve attaccate dalla muffa nobile( Botrytis Cinerea). Questi particolari e costosissimi vini ( vini Ippocratici) erano considerati alla stregua di farmaci e spesso prescritti dai medici.

Molte ed interessanti indagini hanno preso in considerazione l’effetto del consumo moderato nell’età avanzata. Si è accertato che il vino stimola l’appetito, diminuisce l’ansietà ed è di aiuto nel combattere disordini alimentari legati all’obesità, e all’anoressia di origine nervosa.

Piccole quantità di vino accrescono nei soggetti la motivazione ad accettare una dieta o ridurre l’ansietà legata al semplice fatto di mangiare.

Inoltre si è visto che il consumo di vino rende meno necessario l’impiego di tranquillanti,sonniferi e medicamenti volti ad elevare il tono psichico.

Tuttavia non vi è una correlazione diretta fra l’assunzione di piccole dosi di alcool e minore sensazione di stress. In realtà l’effetto smorzante dell’alcool è legato a molteplici fattori,in funzione della personalità e del tipo di evento, e va quindi ponderato caso per caso.

In generale ed in condizioni normali, moderate quantità di vino migliorano lo stato d’animo ed il modo con cui si vivono le emozioni. Si ha un aumento del senso di trasporto e di allegria, cresce la comunicatività, si migliorano le interazioni sociali mentre si riducono la depressione e l’ansietà.

Questa esperienza emozionale è uno dei caratteri più piacevoli legati al consumo moderato del vino.

In genere i bevitori moderati risultano psicologicamente più equilibrati sia degli astemi sia di chi abusa delle bevande alcoliche.

Tuttavia molti lavori richiedono come etica professionale il divieto di bevande alcoliche fino ad 8 ore prima l’inizio dell’attività prevista.

Effetti psicologici del vino

Edmondo De Amicis,celebre per la sua opera più famosa “ Cuore”, il 15 aprile 1880 teneva una conferenza stampa presso la società Filotecnica di Torino sugli “effetti psicologici del vino”. De Amicis esplorò il vino da una diversa angolazione,sottolineando come il nettare di Bacco si ripercuotesse sul nostro io più intimo e sul nostro atteggiamento verso il mondo che ci circonda.

“ In vino veritas”;

la manifestazione involontaria dei pensieri sotto l’influsso del vino: le sensazioni non essendo più in perfetta relazione con la realtà né le idee con le sensazioni fanno si che svanisca la prudenza. Quasi tutti nell’ebbrezza si lasciano sfuggire qualche segreto.

“La malinconia”

Ad alcuni soggetti l’assunzione di vino suscita un sentimento di cose tristi o piuttosto della poesia delle cose tristi.

“ Due modi di bere”

In questa parte finale della conferenza, lo scrittore già 135 anni fa aveva perfettamente capito i due modi fondamentali di fruire della bevanda vino: berlo ed in alternativa degustarlo.

L’allegoria che lo scrittore propone riferita ai quadri di “Steen” e di “Van der Helst” è esplicita riguardo al modo corretto di bere il vino.

“ Nei quadri di Steen è rappresentata l’orgia ignobile, il baccano della taverna, visi istupiditi, atteggiamenti osceni , ecc, , Nei quadri del Van der Helst sono rappresentati dei banchetti gioviali ,…,cittadini di tutti gli ordini dello stato fanno brindisi e conversano fraternamente,,…,eccitati ma composti,con un sorriso negli occhi che ispira nello stesso tempo l’allegrezza ed il rispetto”.

Ecco le due potenze opposte del vino.

C’è il vino dello Steen e c’è il vino del Van der Helst.

L’uno è veleno che trascina all’ozio, all’istupidimento,alla tomba; questo vino combattiamolo.

L’altro è il vino che fa alzare nello stesso tempo il calice, la fronte ed il pensiero.

Psicologia e vino

Si è tornati ad unire enologia e psicologia 130 anni dopo,in occasione dell’evento “ Il Veneto al 300×100”, trecento vini di cento produttori per rappresentare l’enologia veneta,presso il Castello di San Salvatore a Susegana(TV), e organizzato dall’allora presidente dell’AIS Veneto, Dino Marchi,deceduto nel luglio 2010.

Che il vino sia collegato alla psicologia ne è da sempre convinto l’ex presidente dell’Associazione italiana sommelier, Terenzio Medri. “ Il sommelier deve essere prima di tutto uno psicologo per indirizzare al meglio le scelte del cliente” spiega Medri. “ Bisogna infatti capire in poco tempo chi si ha di fronte, accompagnare il cliente, consigliarlo con tatto e professionalità proponendo il vino più adatto.

Fabio Sinibaldi, apprezzato psicoterapeuta milanese, sostiene che il sommelier deve consigliare, descrivere il vino al consumatore-cliente, sollecitando i sensi e le emozioni prima ancora del gusto, quindi deve usare la psicologia. Questo perché ciascun vino ha un suo preciso temperamento come le persone che lo scelgono.

Una preferenza, secondo Sinibaldi, determinata da tre fattori :

– l’inconscio;

– l’ambiente esterno;

– le interazioni tra noi ed il vino, sia fisiche che mentali.

Le sostanze contenute nel vino determinano delle reazioni . Ad esempio le bollicine con l’anidride carbonica attivano la corteccia cerebrale frontale, eccitando il cervello. Vi è poi un effetto “memoria”, per cui il solo pensiero di un vino che piace porta a provare emozioni.

Ma esiste una relazione tra il mondo del vino, il suo percorso di maturazione e quello della persona?

Il vino ha un suo inconscio: il sentore del terreno,gli aromi, i sapori che nel corso degli anni lo arricchiscono.

Esattamente come per l’uomo , che è il risultato dell’ambiente in cui nasce e delle trasformazioni del tempo. L’inconscio di una persona è spesso sfuggente come il vino, che per la sua complessità, sfugge ai sensi più fini ed esperti che tentano di classificarne le caratteristiche. Dunque è un legame più profondo di quanto si possa immaginare.

IL VINO E’ UN METRO DELLA PERSONALIA’

Il tipo di vino scelto è un indice della personalità del bevitore.

Questo è quanto afferma uno studio del National Wine and Grape Industry Center della Charles Sturt University, a Wagga Wagga, in Australia, pubblicato da “ Food Quality and Preference”.

I ricercatori hanno lavorato con 45 volontari, uomini e donne, età media 43 anni.

Inizialmente è stato chiesto loro di compilare un questionario che evidenziasse il loro carattere. Successivamente , gli è stato chiesto di scegliere tra due tipi di vino bianco : secco o dolce.

Analizzando i comportamenti dei partecipanti allo studio, gli esperti hanno rilevato che le persone che scelgono il vino dolce sono più impulsive e meno aperte alla sperimentazione di cose nuove rispetto a chi preferisce la versione “secca”. Gli amanti del dolce hanno un carattere più intraprendente e meno riflessivo.

Una ricerca statunitense sottolinea, come la preferenza per qualche tipo di vino nasca durante la gravidanza, quando il feto è immerso nel liquido amniotico.

VINI E PERSONALITA’

Possiamo spingerci, attraverso un tentativo scherzoso, ad accostare alcuni vitigni ad una struttura di personalità.

AMARONE

Il nome di questo rosso veronese strutturato deriva dallaparola amaro, adottata per distinguerlo dal dolce del Recioto da cui ebbe, seppur involontariamente, origine. La leggenda narra infatti di un produttore che voleva fare il Recioto con le uve Corvina, Rondinella e Molinara essiccate, ma dopo averlo messo in botte le dimenticò e quel prodotto continuò a fermentare fino a diventare secco. Gli zuccheri si sono così trasformati tutti in alcol ed hanno fatto perdere al vino la dolcezza, al quale, per contrapposizione a quello che avrebbe dovuto essere fu dato il nome di Amarone.

TIPO PSICOLOGICO AMARONE

Questo tipo di personalità è solitamente introverso, ha una mente originale ed è attratto da quello che potremmo chiamare il mondo delle idee. E’ intellettualmente curioso ed audace . Possiede ottime qualità analitiche, è un eccellente stratega ed è in grado di elaborare ottime soluzioni a problemi anche molto complessi. E’ anche un buon organizzatore. Ha tendenza a pensare molto prima di agire. E’ una persona molto autonoma e tende a non prestare attenzione ai sentimenti degli altri e rischia di apparire come una persona dura. E’ inoltre una persona molto riservata che non si lascia conoscere facilmente. Possiede una grande capacità di concentrazione ma non è un buon osservatore. Le sue analisi si basano molto più sulle sue intuizioni piuttosto che su un’accurata osservazione dei fatti e dei dettagli.

BAROLO

Prodotto a sud-ovest di Alba, il Barolo è un vino dalle singolari e preziose caratteristiche determinate dal complesso profilo geologico della zona. Oggi il Barolo è la denominazione italiana di maggior pregio ed è stato più volte definito il re dei vini; nobile e generoso conosciuto in Italia ed all’estero per la sua austerità, ricchezza di sapori ed aromi; apprezzato per la cultura, la tradizione ed il duro lavoro che ha in se.

TIPO PSICOLOGICO BAROLO

E’ un tipo di personalità estroversa, con accentuate capacità di empatia e di osservazione.E’ una persona concreta,attiva e socievole. Essendo un buon osservatore ama approcciare le situazioni in maniera diretta. Dispone di buona capacità logica che gli consente di analizzare efficacemente i fatti che osserva. Amichevole e gioviale è bravo a creare un buon clima. Ama la vita e gli piace divertirsi. Tutte queste qualità lo rendono generalmente popolare nella cerchia dei suoi amici e conoscenti.Nelle relazioni di lavoro riesce, come nella vita privata, ad essere tollerante, distensivo e popolare. Non presta attenzione particolare alle novità ed a volte pecca di superficialità.

LA PSICOLOGIA DELLA DEGUSTAZIONE DEL VINO

La ricerca scientifica ha dimostrato che i sensi spesso si intrecciano fra loro e vi è la prova empirica che si gusta anche con gli occhi. Solo il colore, bianco o rosso, di un vino è infatti sufficiente ad ingannare la maggior parte dei bevitori, anche quelli abbastanza informati su ciò che stanno degustando. Ad esempio colorando un vino di di un colore atipico, come ad esempio il blu,si è visto che questo non solo influenza la vista, ma anche il sapore percepito.

Guardare un vino prima di berlo è utile per tante ragioni. Anzitutto possiamo apprezzare il colore ed i giochi di luce che vi si riflettono, ma forse ancora più importante è il fatto che osservandolo, possiamo accorgerci se contiene impurità, salvaguardando così la nostra salute.

Il vino va sempre osservato con una luce naturale, poiché i cambiamenti dovuti all’illuminazione artificiale influenzano le nostre impressioni sul prodotto, non solo in termini visivi, ma anche in caratteristiche quali la dolcezza, o perfino il prezzo che saremmo disposti a pagare per acquistarlo.

La degustazione di un vino in modo strutturato ed informato può aggiungere valore e non deve essere eccessivamente tecnica o pomposa. E’ vero: ci sono dei rituali, come ad esempio farlo girare nel bicchiere , o annusarlo, che fondamentalmente servono a rilasciare le molecole volatili, permettendoci così di valutarle.

“Assaggiare” è in realtà un termine improprio, perché la maggior parte di ciò che sperimentiamo su un vino dopoaverlo guardato ed annusato, è una combinazione di gusto , olfatto e tatto. Il gusto è un senso molto limitato ed è principalmente il bulbo olfattivo che ci permette di apprezzare le sottigliezze di un vino. Il gusto è anche profondamente individuale e come dice Linda Bartoshuk, professore di otorinolaringoiatria presso Yale, “Le persone abitano mondi diversi per il gusto”.

Per diventare intenditori, il consiglio è quello di assaggiare molti vini, per farsi un’idea circa i propri gusti, poi seguire i suggerimenti degli esperti che apprezzano i vini da noi trovati eccellenti: seguendo i loro suggerimenti si potranno scoprire altri vini di proprio gradimento.

Un influente esperto suggerisce che nel vino si ricerca “l’effetto che produce, non quello che è”. Questo concetto mostra come la degustazione sia un evento unico ed irripetibile, piuttosto che qualcosa di definitivo. Ciò avviene a causa di variabili contestuali quali la temperatura, la luce,la compagnia,il proprio stato individuale( umore,salute,ecc.) al momento della degustazione. Un altro suggerimento ,quando si degusta il vino in compagnia, è quello di cercare delle metafore che lo descrivano, ad esempio di cercare una forma alla quale il vino potrebbe assomigliare, o pensare ad un abbinamento con un’opera d’arte, una persona conosciuta, ecc…

CHE COSA E’ PER NOI IL VINO?

La domanda che Sandro Sangiorgi pone ai suoi allievi contiene quel “per noi” che non è per nulla pleonastico.

Apparentemente serve solo a sfumare la domanda; in realtà sintetizza un’epistemologia decisamente critica che ispira la sua ricerca. Sangiorgi allude ad un metodo condiviso e ad una pratica discorsiva su come scrivere del vino e come tradurre in parole un’emozione che impegna la totalità dei sensi. A tal proposito ogni associazione Sommelier propone una propria scheda di degustazione per sintetizzare e standardizzare l’analisi organolettica sui vini. Tale modalità espressiva risulta neutra e priva di connotazione emotiva. Tornando alla domanda del Sangiorgi, quel “per noi” lo si potrebbe parafrasare così: il vino non può prescindere dal suo rapporto con noi; né tanto meno dall’incontro e dal cammino che ci ha messo sulle sue tracce, nè dalla memoria sensoriale che questo incontro ha lasciato nelle nostre vite. Scaturisce un’emozione che non è basata né sulla scienza enologica, né sui tecnicismi appresi durante il corso.

Il vino è in primo luogo un evento. Un evento è un atto, un qualche cosa che accade in un certo luogo ed in un determinato momento ed ha in sé qualcosa di creativo di cui noi siamo parte integrante. L’incontro con il vino racchiude in sé tutti i soggetti attivi che hanno partecipato a tale incontro. La natura ci dona il “fenomeno vino” e noi rispondiamo con le nostre emozioni. L’emozione, quindi, non si aggiunge al fenomeno ma è il fenomeno. Noi diventiamo, così, interpreti della rivelazione che la natura ci ha donato: educare il proprio gusto vuol dire essere all’altezza della domanda che un evento comporta.La risposta è nel mostrare,e non solo raccontare, le emozioni suscitate dal vino attraverso le parole.

PERVERSIONE E SESSUALITA’

Freud ha sostenuto sin dall’inizio della sua riflessione la natura sessuale del desiderio inconscio, rimosso all’origine dalla censura del pensiero.

La libido, che è la pulsione sessuale, è presente fin dall’infanzia ed è la molla sia dell’organizzazione della struttura psichica individuale, che del rapporto con gli altri e con la verità esterna.

La centralità della sessualità , se da una parte ha attirato l’attenzione di molti che la ritenevano una tappa necessaria per l’emancipazione, ha provocato anche scandalo ed è stata considerata la più grande resistenza al diffondersi della psicoanalisi, accusata di ridurre ad uno degli aspetti meno nobili della natura umana non solo la sofferenza patologica, ma anche le relazioni più sacre, le sue aspirazioni ideali, le sue produzioni spirituali ed artistiche.

La perversione non è altro che il mutare, è il pervertire la realtà, quindi la perversione non ha in sé solo contenuti amorali o contrari all’etica, ma semplicemente eccezioni rispetto alla regola. Le perversioni nella sessualità rappresentano per la psicoanalisi tutti quei comportamenti che, distanti dalla possibilità di avere una funzione riproduttiva, costituiscono in maniera quasi ossessiva ed univoca la principale o l’unica modalità per ottenere piacere. Le perversioni,pertanto, si definiscono tali e patologiche solo se consistono nell’unica modalità di trovare piacere di cui l’individuo è in grado di fare esperienza.

E’ bene sottolineare che, in un’accezione non patologica della perversione sessuale, noi tutti siamo perversi. Non solo perché ci può capitare di adottare pratiche sessuali che non siano mirate alla mera riproduzione, ma anche e soprattutto perché siamo in grado di provare piacere sublimando la sessualità, ovvero spostandola su altri contenuti.

L’appassionato di vino, che ricerca il piacere e l’esperienza che solo un Bordeaux Premier Cru può dare è un perverso. Nel suo piacere sublima parte della sua sessualità, nel vino trova quella soddisfazione personale e del tutto narcisistica, propria dell’orgasmo. Le ricerche psicosociali su queste tematiche rilevano che i cultori del vino adottano più frequentemente della media della popolazione pratiche sessuali perverse. Questo viene spiegato con la capacità dell’alcol di allentare la morsa delle inibizioni, ma anche con l’abitudine a traslare il proprio soddisfacimento su oggetti “ altri “ dal patner.

La capacità di sublimare è del resto un’utile funzione psichica che ci protegge dalla frustrazione di non poter soddisfare nel modo e nel momento in cui vorremmo i nostri desideri sessuali. Inoltre i desideri sessuali inconsci, rimossi perché indicibili e sconvenienti possono trovare soddisfazione proprio e solo tramite la sublimazione. Basti pensare al complesso di Edipo, ovvero al desiderio inconscio di congiungersi carnalmente alla madre.

IN VINO VERITAS

Il bere vino ha un’influenza diretta sul nostro autocontrollo. Se ridurre l’autocontrollo equivale a qualcosa di negativo, allora bere troppo è qualcosa di negativo. L’aspetto oggettivamente negativo oltre a reazioni aggressive o smodate del bere troppo sono anche a posteriori. Mal di testa ed ottundimento sono i sintomi classici del “day after”o “ hang over”; mesi dopo problemi al fegato e non solo. Spesso il mattino dopo è presente anche il senso di colpa per quello che si è detto o fatto.

Il vino può essere il male come la cura, può portarci senso di leggerezza dopo una giornata pesante; toglie quel senso eccessivo di formalità ed eccessiva attenzione che non possiamo mantenere costantemente. Qui si arriva ad un punto molto interessante. Si pretendono grandi prestazioni dalla mente e dal corpo e come premio, mediante l’alcol, annullo la mente ed amplifico l’euforia.

Se fisiologico in determinati periodi della vita può diventare meccanico e ritualizzato con ritmo routinario. In questo modo si entra in un meccanismo distruttivo, si annulla la reale libertà di scelta, la sorpresa, anzi , si sovraccarica il metabolismo corporeo con il carico alcolico.

La modalità più fisiologica di consumo è,invece, quella di gratificarsi con una buona bottiglia ogni tanto, senza che si raggiunga la saturazione o l’annullamento della coscienza. Cambia dunque la prospettiva: il bere come piacere di vita, che si alterna a momenti normali di tensione.

Il percorso del vino all’interno del nostro corpo parte dalla bocca e ancora prima dal naso. Prima ci raggiunge il profumo,poi, una volta appoggiate le labbra sul bicchiere , le nostre papille gustative vengono inebriate. Ma il tutto non si ferma qui. L’effetto dell’assunzione del vino e dell’alcol in senso lato, si ripercuote sul cervello, in quanto assorbito dai tessuti intestinali entra nel sangue e da questo viene trasportato direttamente al cervello, alterandone i normali meccanismi, dell’udito, della vista, del ragionamento ed , in genere, tutte quelle operazioni che normalmente svolgiamo in modo meccanico senza pensare che possano tradirci.

Infatti l’alcol crea euforia, aumenta la fiducia nelle proprie abilità , ha un effetto sedativo, riduce le percezioni, allunga i riflessi ed i tempi di reazione, sottostima i pericoli e restringe il cono visuale anteriore e la visione periferica dell’occhio. Tutti aspetti legati all’inibizione, al controllo e alla regolazione delle emozioni.

In vino veritas, nel vino c’è la verità.

Il significato di questa frase è semplice : quando una persona ha bevuto del vino, ed è un po’ alticcia, i suoi freni inibitori sono rilassati e, quindi, può facilmente rivelare cose che da sobrio non vorrebbe dire mai.

Ma è così semplice il meccanismo? Com’è fatta la verità, come si traveste la menzogna che si cela dietro un bicchiere di vino?

Da sempre la ricerca della verità riveste un ruolo importante e talvolta quasi mistico. Il saggio è colui che possiede la verità e svela l’imbroglione con un solo sguardo. Nelle relazioni, è il sogno di chiunque poter capire se colui che abbiamo di fronte ci sta mentendo oppure è sincero. Capita spesso a tutti noi di dover dire una cosa mentre se ne sta pensando un’altra, cercando di celare la vera emozione coprendola con una finta. Interessanti studi sono stati fatti sulla comunicazione non verbale e all’espressione facciale legata alle emozioni.

Paul Ekman ha studiato per molti anni le espressioni facciali, raccogliendo una grande quantità di dati. Questi dati sono stati confrontati anche all’interno di culture diverse. Per esempio anche in un gruppo della Nuova Guinea, di cultura primitiva, le espressioni facciali relative a particolari emozioni somigliano molto a quelle delle società più avanzate: rabbia, disgusto,felicità,tristezza, paura, sorpresa, sono universalmente espresse allo stesso modo.

La dissimulazione si manifesta quando l’espressione spontanea viene dissimulata, fatta scomparire dal volto.

Il soggetto sembra accorgersi di quello che rischia di manifestare, per cui interrompe bruscamente l’emozione che gli si sta stampando in volto, coprendola con un’espressione diversa. Quando nasce un’emozione, infatti, i muscoli facciali si attivano in maniera automatica e simmetrica, attivando un processo involontario. Per abitudine o per scelta si può riuscire ad impedire queste espressioni nascondendole dietro ad una maschera, un’emozione finta che in genere è il sorriso.

La ricerca della verità può essere legittima in precise situazioni, ma nelle relazioni interpersonali quotidiane, avere l’atteggiamento dell’investigatore può essere pericoloso.

Abbandonando i facili stratagemmi,in definitiva, possiamo pensare che nella nostra quotidianità un buon bicchiere di vino possa diventare una macchina della verità più piacevole da sperimentare, ovviamente in compagnia.

IL SE SOCIALE E LE MASCHERE

Se pensiamo a un uomo che si gusta il suo bicchiere di brandy d’annata, quest’uomo sta sicuramente traendo piacere da quanto sta annusando e sorseggiando. Se lo guardiamo bene ci accorgiamo che vi è in quella persona un ulteriore piacere nel provare a guardarsi con distacco e vedersi come un uomo di classe che sorseggia il suo ottimo brandy d’annata. La domanda è se questo uomo stia traendo un doppio godimento, dal brandy e dalla sua immagine raggiunta, o se in realtà sia schiavo della seconda e non abbia scelto liberamente di bere brandy.Quanto quell’uomo è naturale? Recita una parte o è finalmente se stesso? Quell’immagine da dove arriva?

La maschera è un mezzo ambiguo, direbbe Nietzsche, dietro il quale da un lato la verità ama nascondersi per salvaguardare la propria profondità; ma che dall’altro noi utilizziamo per non vedere la realtà . Ciascuno di noi è abitato da una doppia soggettività: la prima e più basilare concerne la soggettività della specie, che impegna gli individui nella propria conservazione e riproduzione; la seconda è la soggettività dell’individuo, che si illude di disegnare un mondo in base ai suoi progetti che altro non sono se non le illusioni che ci consentono di non vedere che a cadenzare il ritmo della vita è l’immodificabile esigenza della specie. Questa doppia soggettività viene codificata dalla psicoanalisi dalle parole “inconscio” ed “Io”.

Nell’inconscio è custodita la verità dell’esistenza, nell’Io e nella sua progettualità l’illusione concessa all’individuo per vivere. La psicoanalisi, quindi, strutturando il suo edificio sulla dialettica tra le due soggettività, può essere vista come figlia del pensiero romantico.

L’assunto di Schopenauer è che la vita e la verità non possono coesistere, perché se la verità della vita dell’individuo è nel suo essere strumento della conservazione della specie, l’individuo per vivere deve illudersi, indossando quella maschera che chiama “Io” e quindi fuoriesce dalla verità della sua vita.

In questa condizione Nietzche scorge l’essenza del tragico.

Freud,da clinico, non conosce la tragedia e media la distanza abissale tra l’ “Io” e l’ “inconscio” attraverso la psicoterapia. Usa la maschera della guarigione così come la religione e la filosofia avevano usato altre maschere per influenzare le masse ed il pensiero.

La figura del sommelier emula in qualche maniera quella dello psicoterapeuta.

Nel rapporto con il cliente deve cercare di sollecitare i suoi sensi attraverso la verbalizzazione delle emozioni; spingendo l’ ”Io” del cliente verso la scelta del vino più consona al suo gusto, all’abbinamento più appropriato con il cibo: avvicina l’”Io”del cliente all’inconscio del vino e quindi alla natura.

CONCLUSIONI

Sono partita dalla semplice domanda:

Perché si beve vino?

Si sono individuati 5 benefici oggettivi:

-riduzione stress;

-aumento dell’espressione di emozioni positive;

-miglioramento delle capacità nello svolgimento di determinati compiti;

-riduzione di stati clinici di depressione;

-trattamento favorevole di problemi psicologici legati all’invecchiamento.

Si è parlato degli effetti psicologici del vino partendo da De Amicis: “in vino veritas”,malinconia, due modi di bere, sono i temi trattati dallo scrittore il 15 aprile 1880 in una conferenza stampa presso la Società Filotecnica di Torino.

Per poi passare all’evento “ Il Veneto al 300×100” dove si è tornati ad unire enologia e psicologia attraverso l’ipotesi del presidente AIS di allora, Dino Marchi: il sommelier deve essere prima di tutto uno psicologo per indirizzare al meglio le scelte del cliente. Fino ad arrivare ai giorni nostri attraverso gli studi più recenti di alcune università australiane ed americane dove si è evidenziata la relazione diretta tra vini e personalità.

Abbiamo giocato accostando ad alcuni vini famosi le caratteristiche di diverse personalità .

Si è visto come entra in gioco l’elemento psicologico nel rituale della degustazione; come ,secondo la tesi dello psicologo Sinibaldi, vi sia una correlazione tra l’inconscio della persona e quello del vino ed il gusto sia fortemente influenzato dai sensi e da fattori ambientali.

Attraverso la domanda del Sangiorgi:” Che cosa è per noi il vino?” , il vino è stato definito un evento che coinvolge le emozioni del degustatore donatario.

La figura del Sommelier opera come uno psicologo: racconta il vino al cliente con un travaso di emozioni.

Il buon vino ,la cui provenienza è indubbiamente dalla madre terra, anche se soggetto alla trasformazionedell’uomo, contiene in se l’elemento terapeutico, la sublimazione del piacere sessuale, che riavvicina l’essere umano ,pregno delle sue illusioni e sovrastrutture proprie del vivere moderno, al suo inconscio e quindi alla natura.